Acquedotto di Nepi

Vista dall'alto dell'acquedotto di Nepi

Il nostro acquedotto è un’opera di ingegneria idraulica iniziata nel XVI secolo e terminata nel XVIII secolo. Nel 1673, il cardinal Giulio Spinola, già Vescovo della città, fece portare l’acqua fin sotto le mura. Nel 1702, il cardinal Giuseppe Renato Imperiali, fece rielaborare all’architetto Filippo Barigioni e da mastro G. Bernascone i progetti precedenti, spesso fallimentari. Proprio il Bernascone riuscì nell’intento di portare l’acqua fino al centro abitato e terminò i lavori nel 1727.

Nell’ultima arcata a nord dell’acquedotto si legge, ancora oggi, quanto segue: “IN SOLLIEVO DI QUESTA/CITTA’ VENNE IL (LEONE?)/IN RIFARE LE RUINE/DEL BERNASCONE“.

Le condutture furono inizialmente fatte giungere in corrispondenza del piazzale antistante la Rocca dei Borgia, dove fu posta una fontana, forse dello stesso Barigioni e poi, successivamente, fino in Piazza del Comune, dove lo stesso Barigioni scolpì nel travertino la mostra d’acqua, ovvero la meravigliosa fontana che tutt’ora orna l’arcata centrale del Palazzo Comunale.

L’acquedotto è lungo oltre 4 km per coprire la distanza tra la sorgente “Varano”, detta “La Botte”, fino alle mura cittadine. Lungo il percorso le condutture sono in prevalenza interrate, mentre in località “Gli Archi” per superare un modesto vallone venne costruito un ordine di arcate.

La parte più imponente dell’opera architettonica ed ingegneristica è quella in cui supera il vallone del torrente Falisco a ridosso del bastione delle fortificazioni del Sangallo con ben 36 arcate, della lunghezza di 285 metri ed un’altezza massima di circa 20 metri nella parte terminale, dove un doppio ordine di sei fornici portano al livello dell’abitato le condutture.

I possenti piloni sono ulteriormente rafforzati da contrafforti che ne rendono ottagonale la pianta, mentre nell’ordine superiore le strutture si fanno più esili. Le soluzioni architettoniche si ispirano agli acquedotti dell’antica Roma.

L’ultimo tratto è conosciuto dagli abitanti di Nepi con il nome iconico de “Gli Archi della Bottata“.